I maturandi di oggi, il rispetto di sempre

Foto © Gianni Zotta

Dobbiamo un rispetto peculiare ai maturandi di quest’anno, classe 2006 e dintorni. A causa del Covid cinque anni fa hanno lasciato la terza media privati di esami scritti, con un colloquio a distanza, senza dare la mano ai prof e abbracciare gli amici. Poi per molti mesi si sono persi tante ore di lezioni in presenza. Che comporta anche socialità, lavoro insieme, affetti ricambiati.

Ed ora che erano finalmente pronti al loro esame di maturità (come ancora tutti lo chiamano, anche se chi “prova” i test di accesso all’università anticipa ormai questo passaggio), riecco accendersi nello scenario mondiale un’altra stupida e angosciante guerra! In queste giornate di studio, “bombardate” da immagini di vittime e distruzioni, vengono fortemente compressi anche i pensieri dei nostri maturandi sul loro futuro, sul degrado delle relazioni umane, sui cortocircuiti della storia.

Chissà però che qualche motivo di fiducia e d’incoraggiamento non venga loro proprio dalle tracce che hanno avuto sotto gli occhi mercoledì mattina alla prova d’italiano.

A partire da quell’insistenza sull’idea elementare di rispetto così sviluppata dal collega di Avvenire Riccardo Maccioni nel suo brano: “Una parola che esprime attenzione, gusto dell’incontro, stima. Che anche quando introduce un attacco verbale, non alza i toni del discorso, anzi sembra voler prendere le distanza da quanto sarà detto subito dopo”, scriveva Maccioni a commento del fatto che l’Enciclopedia Treccani ha scelto “rispetto” come parola del 2024. Un termine che non va liquidato come un atteggiamento da galateo e che nella sua radice latina significa “guardare di nuovo, guardare indietro”, senza cedere al giudizio immediato, figlio dell’emotività, che non tiene conto delle storie delle persone, delle loro battaglie interiori”. Un valore cruciale anche per gli adulti di oggi, la cui mancanza è riconosciuta “alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale”. Tanto che i sostantivi contrari di “rispetto” sono le cause prime ed ultime di ogni piccolo o grande conflitto: “indifferenza (che spesso fa più male dell’odio), noncuranza, sufficienza fino ad arrivare all’insolenza, al disprezzo, allo spregio”.

Ci colleghiamo così alla seconda traccia, che richiama ad un ripensamento dell’utilizzo digitale, quando afferma che l’indignazione come reazione emotiva su argomenti discutibili “è il motore del mondo social”. “Uno spreco su questioni irrilevanti”, viene definito, mentre il brano del Corriere della Sera segnala ai candidati l’importanza di “esprimere giornalmente un tot di indignazione su temi che davvero dovrebbero farci arrabbiare”.

Da questa “santa indignazione” passiamo al valore della vigilanza etica contenuto nell’articolo-traccia di Paolo Borsellino. Nell’anno del suo sacrificio per la legalità in Sicilia, egli si dichiarava ottimista e proclamava la sua speranza nei giovani (di allora), se avessero negato il consenso alle organizzazioni criminose. In molti non lo hanno fatto – altrimenti la mafia non si sarebbe allargata – ma oggi tanti giovani, anche i maturandi del 2006, sanno mobilitarsi per diventare sentinelle di legalità.

Infine, il rispetto per il pianeta, che nella riflessione concreta del filosofo Telmo Pievani (un tema da “Laudato Si’”!) parte dalla constatazione di quanto sia pesante sulla terra il deposito di materiale prodotto da una società dei consumi indifferente ai poveri.

Tra vent’anni i maturandi del 2025 dovrebbero poter riconoscere non le immondizie, ma le tracce di conversione ecologica e di bene lasciate da questa generazione. Ma questo dipende da noi e dalla nostra capacità di rispetto.

vitaTrentina

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