Poco meno di 250 delegate e delegati di Cgil Cisl Uil del Trentino si sono confrontati lunedì 6 ottobre sul tema dei salari in Trentino al Centro congressi Interbrennero.
Il salario mediano in Provincia è inferiore del 7% alla media italiana (dati del periodo 2017-2021), come ha illustrato la direttrice dell’OECD Trento Alessandra Proto, che ha presentato i punti principali del Secondo Rapporto sulla produttività in Trentino. Il dato si spiega in parte per la composizione demografica dei lavoratori – ci sono più giovani e stranieri impiegati – e in parte per la dimensione delle imprese. A parità di caratteristiche di lavoratori ed imprese, i salari mediani del Trentino sono del 5% più alti rispetto a quelli nazionali e del 10% più bassi rispetto a quelli dell’Alto Adige. Da segnalare che i lavoratori a basso reddito in Trentino guadagnano più che nel resto d’Italia, mentre i redditi più alti risultano inferiori. A questo bisogna aggiungere che le spese affrontate dalle famiglie del Trentino sono le più alte in Italia dopo quelle dell’Alto Adige (+17% rispetto alla media italiana), e che il 40% è assorbito dall’abitazione.
La produttività in Trentino e in Italia è sostanzialmente ferma da vent’anni, emerge sempre dal rapporto. In questo lasso di tempo, però, la ricchezza ha continuato a crescere grazie all’aumento del numero di lavoratori. Una dinamica non replicabile per i prossimi 15 anni a causa del calo demografico che determinerà una riduzione della forza lavoro. A questo si aggiunge un mercato del lavoro rigido, più che nel resto d’Italia, dove è difficile passare da un’occupazione all’altra non solo per l’invecchiamento della popolazione, ma anche per lo squilibro tra domanda e offerta competenze, per rapidi cambiamenti tecnologici in atto e per una mobilità limitata dalla scarsa accessibilità di alloggi sul nostro territorio.
Partendo dagli spunti forniti dalla direttrice dell’Ocse i tre segretari di Cgil Cisl Uil si sono soffermati sui contenuti del Patto per i salari e la crescita, rilanciando la richiesta di piano straordinario per sostenere industria e terziario avanzato, insistendo sulla selettività degli incentivi alle imprese e rivendicando il legame indispensabile tra riconoscimento dei contributi pubblici alle imprese e applicazione dei contratti collettivi maggiormente rappresentativi.
Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Largher hanno sottolineato la centralità della contrattazione collettiva, strumento prioritario per far crescere i salari. Hanno chiarito davanti a delegate e delegati che è dalla contrattazione che bisogna partire per definire piattaforme, aprire il confronto e arrivare alla firma di accordi che migliorino le condizioni retributive e normative delle lavoratrici e dei lavoratori. Non hanno nascosto che la parte più complessa comincia adesso, con l’impegno a tradurre in concreto gli impegni dell’Accordo di luglio. “Il Patto rappresenta un punto di partenza, adesso le parti sociali devono essere in grado di mettere in atto azioni concrete, anche in modo innovativo, per migliorare le condizioni di lavoro, favorendo sviluppo e coesione sociale”.