“Puntate all’essenziale”

Bergoglio indica alla Chiesa italiana una testimonianza di fede umile e concreta, centrata su Gesù Cristo, sulla scelta dei poveri e il dialogo

Un Papa con gli occhi al cielo e i piedi per terra. Affascinato come un mistico nell’osservare l’Ecce Homo affrescato sotto la cupola del Brunelleschi, richiamato come un pastore latinoamericano dalle sofferenze dell’uomo di oggi. Cosi Francesco ha salutato Firenze e i 2145 delegati del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale; attraverso loro – vescovi preti infiacchiti dagli anni o pimpanti di nuova nomina, operatori pastorali forse un più disincantati dopo il precedente convegno di Verona, religiosi e religiose ancora disponibili a condividere carisma e ministeri – ha incontrato tutta la Chiesa italiana, lasciando un discorso lungo quasi un’ora, d’importanza programmatica per i prossimi anni, eppure sintetizzabile in una frase centrale: “Puntate all’essenziale, al kerigma. Non c’è nulla di più solido, sicuro e profondo di quest’annuncio”.

Lo ha detto ai vescovi nel Duomo fiorentino (“come pastori non siate predicatori di complesse dottrine ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi”) , lo ha ripetuto alla folla di 50 mila persone che nel pomeriggio gremiva lo stadio comunale “Franchi”, rinnovando con altre parole il suo invito ad un umanesimo vissuto nella concretezza: “Mantenere un sano contatto con la realtà, con ciò che la gente viva, con le sue lacrime e le sue gioie, è l’unico modo di poterla aiutare, di poterla formare e comunicare”.

Francesco ha dato l’ennesima conferma di uno stile, l’importanza di parlare al cuore dell’uomo di oggi, stando lontani “da potere, vetrine e denaro”; il popolo di Dio convenuto a Firenze lo ha ricambiato con un affetto crescente. “Papa facci un gol”, “Bergoglio sei il nostro orgoglio”, striscioni e cori da stadio – eppure grande raccoglimento durante l’Eucaristia – per assicurare a Francesco di rispondere alla sua richiesta ripetuta al congedo: “Ricordatevi di pregare per me”.

Fin dall’arrivo nel Battistero – dove gli stessi convegnisti erano passati convergendo da quattro diverse processioni il giorno prima – il Papa ha colto nella città fiorentina quelle tracce concrete di bellezza “che si è fatta carità” ed ha ribadito l’attenzione privilegiata agli ammalati, ai poveri seduti al suo fianco nella mensa della Caritas ed ai carcerati.

Si è cosi rivelata una scelta indovinata quella di anticipare la parola del Papa ad inizio convegno perché egli ha impresso sui lavori una direzione inevitabile nel senso della concretezza: “Non siamo qui per predisporre dei piani pastorali, né per scambiarci informazioni, neppure per partecipare a dotte conferenze o a un corso di aggiornamento – ha detto l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia – siamo qui per inaugurare uno stile. Lo stile sinodale – vissuto sia a livello di Comitato preparatorio al Convegno, sia nel cammino delle chiese locali – deve accompagnare il lavoro di questi giorni e sarebbe già un grande risultato se da Firenze la sinodalità divenisse lo stile di ogni comunità ecclesiale”.

Dal confronto nei gruppi di lavoro (sul quale riferiremo nel prossimo numero) si coglierà la capacità di aderire alle “cinque vie” metodologiche del convegno: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Sono poi i verbi ripresi dalla Evangelii Gaudium, l’enciclica che traduce il Verbo “non in un’epoca di cambiamento, ma in questo cambiamento d’epoca”, come ha detto ancora il Papa a Firenze.

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