Assegno natalità, no al ddl Olivi: rimane il requisito dei 10 anni di residenza in Trentino

​​​​​​​​​​Il ddl 104 proposto da Alessandro Olivi (Partito Democratico) è stato respinto mercoledì 9 novembre dal Consiglio provinciale con 19 voti contrari della maggioranza e 11 sì delle minoranze.

Al centro del disegno di legge la modifica del requisito richiesto alle famiglie per beneficiare dell’assegno di natalità: il ddl aveva l’obiettivo di ridurre da 10 a 2 anni di residenza il requisito per accedere all’assegno.

Gli esponenti dell’opposizione hanno bollato la norma provinciale che il ddl mirava a ridimensionare e che la magistratura ha ordinato di rimuovere come “razzista e discriminatoria. in particolare nei confronti delle persone extracomunitarie”, “del cui arrivo e della cui permanenza nel nostro territorio il Trentino ha grande bisogno a fronte del calo della natalità e a sostegno dell’economia”, hanno aggiunto.

“Norma che la giunta Fugatti ha finora solamente disapplicato con una delibera che ha valore amministrativo, ma resistendo in appello contro la sentenza – come ha ricordato nel suo intervento l’assessore provinciale Achille Spinelli –, senza rassegnarsi a modificare la legge”.

I sindacati e le Acli Trentine sono intervenuti sulla bocciatura del ddl Olivi. “In quanto a coerenza – affermano Cgil, Csil, Uil del Trentino e le Acli Trentine  – la Giunta provinciale e il presidente Fugatti non si smentiscono e sulla discriminazione delle misure di sostegno alle famiglie non falliscono un colpo. Non c’è altro che volontà di discriminare tra cittadini di serie A e cittadini di serie B nella scelta di bocciare il disegno di legge che chiedeva di abolire il vincolo di dieci anni di residenza in Italia per accedere all’assegno unico provinciale. La stessa volontà che spinge l’Esecutivo ad opporsi alla decisione del Giudice sul bonus bebè. Il Tribunale ha chiarito che escludere da quella misura i bambini nati in Trentino da genitori stranieri è discriminatorio. La Giunta insiste e presenta appello. Così come aveva già fatto con l’accesso all’alloggio popolare. Salvo poi vedersi smentita dal Giudice e condannata dalla Corte dei conti”.

Eppure in questo modo, secondo i sindacati e le Acli Trentine, “non si fa l’interesse dei trentini, ma esattamente l’opposto. Si soffia sul fuoco del malcontento per ricavarne consenso, ignorando, colpevolmente, che non solo è inaccettabile discriminare i cittadini, speculare sul futuro dei bambini, ma è anche miope perché queste scelte non fanno gli interessi della nostra comunità. Siamo una società che invecchia, con sempre meno bambini e sempre maggiore bisogno di assistenza per i nostri anziani; le nostre imprese faticano a trovare lavoratrici e lavoratori e in futuro, per il calo demografico, faticheranno ancora di più”.

“In questo quadro invece che investire in accoglienza e integrazione, in misure che facilitino l’inserimento nella nostra comunità anche dei cittadini stranieri, si continua ad alimentare divisioni di cui pagheremo il conto tutti. E agitando lo spauracchio degli stranieri si distoglie l’attenzione dai veri problemi, dalle emergenze in cui vivono molte famiglie. Emergenze di fronte alla quale la giunta resta immobile”, concludono sindacati e Acli Trentine.

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