La bellezza da condividere

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Quello che sei, vivilo con il Signore e sarai te stesso fino in fondo. E se sei autentico, comunicherai vita e sarai apprezzato perché semplice e veritiero

Non ricordo più quale autore disse che “la bellezza salverà il mondo”, ma credo sia stato molto lungimirante, perché, quando facciamo esperienza di qualcosa di veramente bello, ci sentiamo coinvolti nel profondo. Il mistero di Dio – accolto nella vita di ogni uomo e donna – ci fa vivere questa esperienza. Pietro, Giacomo e Giovanni, non solo sono avvolti da quella nube misteriosa e straordinaria, ma avvertono nell’esperienza della trasfigurazione di essere riempiti di quella bellezza di Dio, tanto che non vorrebbero più scendere a valle. Perché vivere la fatica del quotidiano, quando hai sperimentato la bellezza di Dio, che regala un cuore ricco di speranza e pace?

Risuonano con maggiore forza in questa Quaresima le parole di Papa Francesco: “Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro”.

È importante che i tre apostoli tornino a valle. Sul Tabor hanno sperimentato quale forza e quale pienezza abbia la vita che mette al centro il mistero del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Ora questa esperienza fondamentale, cuore di tutta la vita di fede, non può essere tenuta per se stessi, ma ha bisogno di essere comunicata e condivisa con gli altri. Karl Ranher affermava che il cristiano del duemila “o sarà un contemplativo o non sarà”. Quando ci si ferma per l’adorazione eucaristica, si vive un’esperienza del tutto particolare nel percepire che il proprio cuore si tranquillizza e inizia a battere regolarmente, quasi a riempire quel silenzio. Si ha l’impressione che il proprio cuore batta al ritmo del cuore di Dio. E quando lasci che questo avvenga nella tua vita, scopri che la vita affrontata e vissuta con Dio, cambia completamente di sapore: gli ostacoli e difficoltà diventano occasioni per ripensare la propria esistenza e per purificarla da tanta superficialità e incoerenza. Cerchiamo e chiediamo di vivere una fede concreta, che non si fermi solamente a belle parole, ma che sia ricca di segni concreti e di esperienze vissute. Ma la fede è così solamente se abbiamo il coraggio di mettere al centro la relazione con il Signore e la curiamo come fondamento di tutta la nostra esistenza. Non ci è chiesto nulla di fuori di testa, se non scegliere la compagnia giusta per tutta la vita. Quello che sei, vivilo con il Signore e sarai te stesso fino in fondo. E se sei autentico (per te stesso e non per gli altri), comunicherai vita e sarai apprezzato perché semplice e veritiero. E il proprio errore diventa scuola di vita perché visitato e riempito del perdono del Signore risorto. Come non dare ragione a Papa Francesco quando dice: “Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. (…) preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita” (EV 49).

Mi sembra che alla fine di tutto la nostra vita abbia bisogno di riscoprire il silenzio, per non soccombere alla frenesia della quotidianità, che ti riempie le giornate, ma che poi non ti lascia niente di concreto tra le mani e scopri l’amarezza di chi non ha vissuto e la solitudine di chi non ha nessuno su cui contare. Questo silenzio sia riempito dal ritmo del nostro cuore che continua incessantemente a dire le parole del salmo 27,8: “Il mio cuore ripete il tuo invito: ‘Cercate il mio volto!’. Il tuo volto, Signore, io cerco”. Solo il Risorto ci dona la stabilità necessaria per costruire una vita solida e solidale.

don Nicola Belli

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