Il dramma di Fai e il fattore solitudine

La morte di due anziani coniugi a Fai della Paganella, probabilmente dovuta a omicidio-suicidio, provoca sentimenti di intensa compassione nei confronti di due persone che, travolte da una situazione di sofferenza, vissuta come insostenibile, hanno deciso di porre fine così tragicamente alla loro esistenza.

Non avendo una conoscenza significativa della loro storia e della loro situazione sociale ed esistenziale, non ritengo né utile né rispettoso addentrarmi a spiegazioni delle ragioni e della dinamica specifica che ha portato i due coniugi a operare questa scelta tragica. Sarebbero superficiali ed infondate.

Ma si può fare qualche considerazione di ordine generale sull’omicidio-suicidio negli anziani, un fenomeno che negli ultimi anni è aumentato sempre di più.

I fattori più rilevanti di rischio di consistono in gravi problemi di natura fisica (malattie oncologiche e croniche in genere), psichica (demenze e forme depressive spesso non riconosciute), sociale (la solitudine). Questi problemi non si presentano spesso da soli, ma si potenziano l’un l’altro portando entrambi i membri della coppia o uno di essi a compiere un gesto irreparabile.

Un fattore che mi sembra importante sottolineare è la solitudine o il terrore di doverla affrontare nella prospettiva della morte per malattia dell’altro membro della coppia. La solitudine di per sé è causa di malessere e/o di aggravamento di altre problematiche fisiche e psichiche a tutte le età e, in particolare, nell’età anziana.

Il sentirsi soli, la paura di rimanere soli per la morte del compagno/compagna può, in certi casi, essere un fattore in grado di spingere all’uccisione dell’altro e di se stesso.

Ma accanto ai fattori di rischio è fondamentale – e merita farlo anche in questa circostanza tragica – considerare i fattori di protezione, che possono opporsi ad una scelta di morte. Oltre a un intervento sanitario adeguato riguardo a eventuali patologie fisiche e psichiche e a un’assistenza nelle attività quotidiane, è da sottolineare il grande valore preventivo fornito dalla consistenza quantitativa e soprattutto qualitativa della rete relazionale, che può essere una fonte essenziale di supporto di fronte alle difficoltà. Se vengono almeno in parte condivise, queste difficoltà possono apparire più sopportabili.

Ciascuno di noi può sentirsi chiamato a rendere questa rete sempre più forte, mostrando presenza, attenzione e ascolto nei confronti di chi appare più solo e sofferente.

Solo relazioni significative possono costituire un rimedio nei confronti della solitudine. Avvicinarsi a chi è solo, può comunicare a quest’ultimo che la sua persona, la sua vita ha ancora valore e merita di essere ancora vissuta.

In conclusione, di fronte a fatti così tragici, l’atteggiamento migliore non è certo quello di inoltrarsi in dettagli più o meno in grado di colpire l’opinione pubblica, ma sentirci provocati a riflettere sulla qualità delle relazioni in cui siamo immersi, considerando con sempre maggiore attenzione il peso negativo della solitudine da ridurre e il valore vitale delle relazioni da incrementare.

Angelo Mercurio°

psichiatra, Gruppo diocesano per il disagio psichico

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