I venti natali di Casa Lamar

Sabato scorso nella comunità alloggio il compleanno per valorizzare i vissuti degli ospiti e dei numerosi volontari

Non un rifugio dove attendere l'ultima ora, ma un luogo dove ridare significato ad ogni giornata. Non un presidio sanitario per tener lontana “la peste del secolo”, ma una vera famiglia in cui poter esprimere paure e desideri, senza sentirsi giudicati. Compie vent'anni, ed è già ricca di esperienza, Casa Lamar col suo tendone bianco, lì fra i vigneti.

Era nata dalla Fondazione Charitas come comunità-alloggio, possibile alternativa al ricovero in ospedale per i malati di Aids, d'intesa con l'Azienda sanitaria e il Ser.T.. E' diventata oggi una certezza insostituibile (la gestione dal 2000 è del Centro Trentino Solidarietà), accogliente per il calore umano, attenta alla globalità delle persona, capace di ispirare fiducia in una cronicizzazione della malattia. Con la fortezza dell'esperienza, alla quale hanno dato voce sabato mattina operatori, volontari, amici. Senza retorica (stonata davanti a visi segnati da fatica o nostalgia), ma nella convinzione che le storie insegnano a vivere.

“Abbiamo sempre immaginato un apostrofo in quel toponimo, come fosse L'amar di Gardolo, perché c'era prima il volersi bene, nel lavoro di tutti noi”, ha confessato Michele Poli, uno degli operatori intervenuti per testimoniare anche “la svolta totale” sul piano personale. “L'abbiamo sognata tanto Casa Lamar nel primo anno di formazione”, ricordava Silvio Toniolli, operatore per 5 anni, “ma quel sognare è stato decisivo, per creare un' equipe all'altezza, un clima sereno, talvolta anche goliardico”. Aneddoti scherzosi ma anche ore profonde, come quando alcuni ospiti affrontavano le giornate terminali: “Molti dei loro familiari – il ricordo di Flavio, uno dei primi volontari – erano tornati lì per assisterli nelle settimane più difficili, fino all'ultimo. E molti hanno continuato dopo a frequentare la casa…”. “Le terapie erano ancora agli albori – riconosceva Pierino Anesin, primo direttore – e tutto a Casa Lamar era basato sulla necessità di trovare in fretta risposte adeguate a bisogni molto complessi, talvolta senza risposta”. “Il tempo passato tra di voi – ha scritto agli ospiti Magda, una volontaria – mi ha aiutato a superare molte paure, a riconoscere i miei limiti, a imparare dalle vostre storie”. Altri volontari non hanno parlato ma per tutti loro ha richiesto un applauso mamma Lucia: “E' grazie a loro che gli ospiti sentono questo calore che aiuta a superare i momenti di sconforto”. Un grazie al Centro Trentino di Solidarietà, col presidente Luciano Azzolini e all'assistente spirituale padre Fabrizio Forti: “Non credete a chi parla di amore perchè è solo un ciarlatano, credete a chi si spende per amare”, ha sottolineato nell'omelia indicando come “carezze visibili di Dio” i volontari e in particolare le due suore, la defunta Vivaldina e l'ancora dinamica Luisa, che “qui hanno anche saputo piangere in silenzio e soffrire insieme a chi fa più fatica”. Anche tramite Casa Lamar, “realtà sorta fra le prime in Italia”, come ha osservato il dott. Fabio Branz, è stato possibile provare “progetti, significati e relazioni – per dirla col dott. Valerio Costa, altro fondatore – e “scoprire che la vulnerabilità è condizione naturale dell'uomo e necessita di occuparci degli altri”.

Domani è un altro giorno a Casa Lamar, il ventesimo Natale.

“Il nostro lavoro – ha sintetizzato Antonio Simula, l'appassionato direttore – vorrebbe continuare a essere soprattutto una presenza disponibile all'ascolto. E un ascolto anche delle cose pesanti, quelle che nessun vuol sentire. Un ascolto che consenta a chi ci parla di riempire i buchi della propria vita, trovandovi significato. In questo senso ho scoperto il valore non tanto di quello che possiamo fare, ma di chi siamo veramente”. Una missione d'equipe, addolcita dalle visite dei volontari, da tanti incontri fissati sull'album fotografico e dalle chitarre degli scout di Gardolo, come in questo compleanno speciale.

Hanno detto:

“Prima di aprire la Casa – ha ricordato il dott. Branz – abbiamo dedicato più di un anno a formare i volontari con l'associazione Maggio '90. Nessuno allora pensava che saremmo arrivati a festeggiare il ventennale”.

“Il nostro ruolo come Centro Trentino di Solidarietà – ha detto il presidente Luciano Azzolini – rimane quello di accompagnare da vicino il cammino di questa comunità, favorendo anche i rapporti col territorio”

“Chi si è allenato a curare le ferite – ha detto padre Fabrizio Forti – può diventare allenatore di altri, per insegnare quali sono i briganti di oggi, le strutture di peccato e di corruzione”.

“In una società dove domina la competizione che spesso frantuma i legami – per il dott. Valerio Costa – non c'è spazio per l'utilità dell'inutilità. Pochi la conoscono, ma l'inutile non è altro che l'amore, l'utilità della vita””

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