Sale: meglio forme diverse che colori diversi

Cristalli piccoli o grandi? Umidi o asciutti? Una piccola guida ragionata

Tempi e luoghi hanno hanno fatto sì che la dieta umana arrivasse ad una varietà di forme e espressioni pressoché infinite, ma un solo elemento non è mai mancato in nessuna epoca e a nessuna latitudine: il sale.

Il cloruro di sodio è una sostanza indispensabile per il corretto funzionamento del nostro organismo e proprio per questo la nostra lingua è dotata di appositi recettori per poter percepire il sapore salato, facendoci apprezzare maggiormente i cibi che lo contengono.

In cucina il sale non è soltanto un insaporitore: proprio nello scorso numero della rubrica abbiamo visto la funzione disidratante nella preparazione della carne salada trentina, ma molto utilizzata è anche la sua proprietà conservante. I cibi mantenuti sotto sale, o i salumi, si trovano di fatto in un micro-ambiente talmente ostile alla vita che solo pochissime specie di batteri riescono a sopportare, permettendoci di conservali a lungo in condizioni quasi asettiche. Ma non è finita: per rimanere in ambiente domestico il sale viene impiegato anche in salamoie e per preparazioni in crosta, tecnica che ha lo scopo di trattenere in modo efficace profumi e aromi di carne e pesce durante la cottura.

Negli ultimi tempi abbiamo assistito alla comparsa sugli scaffali di supermercati e botteghe gourmet di tanti tipi differenti di sale, tanto che anche a noi professionisti della cucina viene spesso rivolta la domanda “Ma tu, che sale usi?”

Per rispondere occorre prima fare una distinzione del sale in commercio in due categorie: il sale bianco e il sale colorato.

Come avete notato parlo sempre di sale e non di sali, perché qualsiasi sale utilizzato in cucina è composto per almeno il 94% da cloruro di sodio, che dà il sapore salato che ben conosciamo. Altri sali, così definiti dal punto di vista chimico, possono essere presenti in percentuali davvero molto basse, ma la loro componente gustativa si manifesta sempre come un sentore amarognolo. Il Sale di Cervia è detto anche sale dolce proprio per via della sua purezza: cloruro di sodio al 98%, stessa percentuale che ritroviamo anche nel Sale di Trapani Igp.

Nel primo gruppo che abbiamo individuato rientra tutto quel sale bianco che deriva dal mare o da una miniera e che si differenzia sostanzialmente per la forma dei cristalli o per la granulometria. Essendo, come abbiamo visto, cloruro di sodio quasi puro, a parità di peso e di umidità, grosso o fino che sia, disciolto in acqua ha esattamente lo stesso potere salante. Sempre in acqua, a parità di volume invece, una manciata di sale fino salerà di più della stessa manciata di sale grosso, questo perché cristalli più piccoli lasciano meno spazio vuoto tra un granello e l'altro.

Attenzione però all'umidità, che il sale tende ad assorbire molto facilmente, o che alcuni tipologie di sale hanno naturalmente alta come nel caso del Sal de Guérande di Bretagna. Se usate questo ingrediente a peso, in una ricetta come quella del pane, 40 grammi di sale molto umido (e quindi diluito) saleranno decisamente meno di 40 grammi di sale conservato nell'armadietto più caldo e asciutto della cucina. Ecco svelato perché a volte lo stesso impasto, preparato nello stesso modo, sembra avere una sapidità diversa.

Influenza invece molto più di quello che potremmo pensare la forma dei cristalli del sale quando usiamo questo elemento in forma solida, cioè sparso sul cibo. Cristalli fini danno maggiore sapidità perché a parità di peso con cristalli più grossi hanno una maggiore superficie che entra a contatto con la nostra lingua, stimolando più recettori. Inoltre un cristallo di dimensioni maggiori impiega anche più tempo per sciogliersi nella saliva e quindi rischiamo di doverne utilizzare di più del dovuto a scapito della salute. Per uso in forma solida, come ad esempio sulla carne, è consigliabile un sale in fiocchi come il Maldon: i cristalli a forma di lamelle molto sottili rappresentano di fatto la migliore ottimizzazione del rapporto tra superficie e volume.

Nella seconda categoria rientrano invece tutti i sali colorati come il Blu di Persia, il Rosso delle Hawaii, il Nero di Cipro. Si tratta sempre di cloruro di sodio con inglobati altri elementi, oppure argille o carbone vegetale: sostanze presenti in percentuali talmente basse da incidere in modo irrilevante su gusto e caratteristiche nutrizionali o salutari, perfino per quando riguarda lo iodio, quasi sempre al di sotto dei limiti minimi indicati dalle linee guida ministeriali.

Da un punto di vista cromatico possono essere molto intriganti, ma è bene sapere che oltre al colore (e al prezzo), essi non hanno particolari proprietà.

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