Le tre religioni in dialogo: priorità, fermare la guerra

Lo spunto:

Le tre religioni monoteiste (le tre religioni di Abramo e del Libro) cristianesimo, ebraismo e islam, si sono trovate a confronto su un tema fondamentale, quello della solidarietà e quindi del lavoro e della dignità umana. Ecco di cosa si è parlato a Trento al Polo Culturale Diocesano Vigilianum durante l’incontro interreligioso fra il rabbino di Milano Yosef Y. Labi, don Bruno Tomasi, teologo e delegato diocesano, e l’imam Breigheche, guida della comunità islamica trentina. Ha promosso l’incontro Sandro Zeni, presidente della sezione trentina dell’Ucid, l’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, ed ha moderato Marcello Carli, che dell’Ucid è stato a sua volta presidente. Tema: “L’umanesimo sociale, valore comune delle tre religioni”. È necessario il dialogo – è stato detto – è necessario dare un messaggio positivo all’umanità”. Tutte tre le religioni monoteiste hanno uno sguardo rivolto verso l’alto – ha introdotto Marcello Carli – tutte tre hanno una mano protesa verso l’altro, verso il prossimo”.
“il T”, giornale quotidiano – 12 maggio 2023

L’incontro promosso al Polo culturale Vigilianum fra le tre religioni monoteiste che si riconoscono in un unico Dio è stato importante non solo per i problemi affrontati, ma per chi l’ha organizzato (vedi Vt n. 20/2023). La scelta di chiamare il rabbino, il sacerdote e l’imam a confrontarsi sui percorsi diversi delle tre religioni nella storia, come sui tratti comuni che le caratterizzano, non è venuta infatti da specialisti teologi o da centri culturali, ma da una associazione di imprenditori laici, certo di ispirazione cattolica (universale) che operano però dentro i tempi del mercato, della globalizzazione, della secolarizzazione. È stato un incontro, verrebbe da dire, promosso da gente “pratica”, abituata a fare i conti con la realtà quotidiana prima che con la metafisica o con devozioni rispettose delle diversità, ma personali. Pare quasi di poter ravvisare, in questa scelta, la priorità di volere una ricomposizione sociale, una spinta civile a superare anche il dialogo per affrontare i problemi del convivere e del lavorare insieme, ritrovando un comun denominatore non solo umano per il pianeta. Che è casa di vita da amare, rispettare, lodare non giacimento di risorse da usare, sfruttare. Par di avvertire la volontà di “andare oltre” (l’Unico Dio!) per esplorare anche ciò che la pura razionalità nasconde, in terra come nei cieli (“coelum” deriva da “celato”, ciò che è nascosto, che si nasconde nell’immensità degli spazi siderali, con i “buchi neri” che ingoiano anche il tempo, e i “buchi bianchi” che lo rimbalzano).

In questa prospettiva la sensazione è che la ricerca (il ritorno?) all’unico Dio che le tre religioni glorificano nella sua creazione, pregano e lodano per vie anche diverse, rifletta non un confuso sincretismo, ma un rendersi conto che il secolarismo degli ultimi due secoli, se da un lato è servito a riposizionare le diverse culture umane in una cornice di maggior tolleranza, dall’altro ha condotto l’umanità in un vicolo cieco, mettendo a rischio lo stesso pianeta (la sua “sostenibilità” per usare il linguaggio corrente) e la sopravvivenza della specie umana, dell’Homo Sapiens, nato da una scintilla di vita sulla terra (creato dal fango!) ma ora tentato di autodistruggersi con il potere della sua scienza (l’atomica) e con la sua volontà di potenza, di dominio sulla natura e sulle cose, che lo fa sentire simile a un dio, onnipotente nella sua presunzione spesso violenta. Merita rileggere a questo proposito il libro che lo scrittore cattolico Giancarlo Vigorelli ha dedicato a Teilhard de Chardin (“ Il gesuita proibito” 1963) per rendersi conto come non vi sia contraddizione fra creazione ed evoluzione, come l’Uomo, figlio di Dio, costituisca il culmine di questo percorso, come lo Spirito della creazione si trasferisca all’evoluzione, ma anche come questo processo rischi di portare a un vicolo cieco se tecnicismo e secolarismo, materialismo ed egoismo privano la vita di ogni sacralità e la riducono a funzionalità, cosa da possedere, merce di cui disporre. Ecco allora perché – se si vuole raggiungere per l’Uomo, la Donna, una dimensione di dignità umana e umanistica – occorre recuperare una piena visione sacrale della vita. Già le religioni monoteiste vedono l’Uomo come tramite per rientrare in sintonia con il creato: l’Uomo, il Figlio per i cristiani, l’Uomo in preghiera per l’islam, che sulla fratellanza di preghiera basa la sua coesione, la fedeltà all’Unico Dio contro gli idoli, le tentazioni e le persecuzioni della storia per l’ebraismo, Tre vie diverse chiamate però a unificarsi (questo il significato colto nell’incontro al Vigilianum) in un comune sforzo degli uomini di buona volontà per un impegno comune non solo di umanesimo sociale, ma di umanesimo sacrale. Le tre religioni sono chiamate ad agire in sintonia nella storia per salvare il creato e con esso l’Uomo, la vita. Può diventare per tutti un riferimento la preghiera-poesia del Salmista nel salmo 28: “Il Creato è il tuo tempio, Signore. Lodate con me il Signore voi tutti abitanti della terra, perché il suo nome è grande. Prostriamoci davanti a lui con riverenza. Il Signore è grande: crea il mondo, fa scaturire l’acqua, scatena i tuoni, e il fulmine”.

Ringraziamo don Silvio Pradel per avercelo segnalato: “La grandiosità dei fenomeni naturali, la bellezza della creazione ci invitano a lodare l’Autore del mondo. Il creato è il suo tempio. Le acque, la terra, il cielo raccontano la sua potenza”. L’antico salmo è la preghiera comune, ma ora tocca agli uomini delle tre religioni fare la loro parte, dando priorità all’impegno di por fine alla guerra, che non solo impoverisce, dissipa risorse e uccide, ma umilia lo stesso senso di umanità. Diventa contradditorio parlare di “umanesimo sociale” mentre la guerra ingoia migliaia di vite umane e miliardi di armamenti in una “escalation” che non sembra avere mai fine. L’ha ripetuto, sottolineando gli appelli del Papa, l’altra domenica l’arcivescovo Kukbokas, lituano, 48 anni, nunzio in Ucraina: “Nessuno può vincere una guerra. Cosa significa vivere quando ci sono decine di migliaia di morti? L’unica cosa da fare è fermarla, la guerra. Chi ha la possibilità di farlo lo faccia subito. La dimensione umanitaria e politica sono strettamente collegate. Non si può restare inerti. Si fa un tentativo, si rifà di nuovo, si bussa a tutte le porte, sperando che prima o poi una porta finalmente si apra”. (Corriere della Sera, 14 maggio 2023).

Senza pace non si può avere umanità, vita, famiglia, lavoro, riscatto.

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