Scambio epistolare tra due anime

Il carteggio privato e sorvegliatissimo, tra il 1954 e il 1969, ha qualcosa di sublime e di tragico

Due persone unite dalla medesima condizione di appartenenza al popolo ebraico; la vicenda della Shoà, trascorso devastante finito da poco tempo e ancora vivo – un marchio dolorosamente indelebile – nelle loro anime.

Lo scambio epistolare – un carteggio privato e sorvegliatissimo – tra Paul Celan e Nelly Sachs (che si intreccia tra il 1954, all’indomani della fine della guerra e il 1969) ha qualcosa di sublime e di tragico, leggerne le trame tocca corde profonde dell’animo di ciascuno di noi (Corrispondenza, Giustina ed., pp. 198, 16 euro).

Celan e Sachs sono molto diversi tra loro – lei nata a Berlino nel 1891, lui a Czernowitz, in Romania, oggi Ucraina, nel 1930 -, eppure riescono a capirsi, a comprendersi pur nella diversità di percezione e di prospettiva; una diversità anche di carattere che, per paradosso, li fa sentire più vicini.

Nelly scrive: “Dal popolo al quale appartengo mi è venuta in aiuto la mistica chassidica, che, così come avviene per ogni altro genere di mistica, deve riportare ogni volta la propria dimora nelle doglie del parto (…)”. E aggiunge: “Vi è in me, vi è sempre stata e vive in me con ogni mio respiro la fede in un’attività cui siamo stati chiamati: impregnare di dolore la polvere, darle un’anima”.

Celan pare più cifrato, il suo animo come rassegnato: “Tutte le domande che non trovano risposta in questi giorni bui…”. Il lascito della persecuzione nazista (lui segregato quindicenne a Bergen Belsen con la sua famiglia) ha segnato l’anima profonda di entrambi e rimane l’interrogazione senza risposta, “perché è potuto accadere?”; il quaesivi et non inveni, ho cercato e non ho trovato. Però, non smettendo di cercare ancora. Così Celan il 19 agosto 1960: “Ricordi ancora quando abbiamo parlato di Dio per la seconda volta, a casa nostra, del tuo Dio, il Dio che ti attende, ricordi che c’era il riflesso dorato sulla parete?”. Evocava anche la cattedrale che “veniva con attimi d’oro sull’acqua”.

Al di là della tragica fine che ha accomunato, in forme diverse, entrambi, Nelly Sachs e Paul Celan ci dicono ancora oggi – di fronte ai drammi inauditi dell’umanità che soffre ovunque nel mondo nelle carni dei più deboli, degli inermi e in cui paradossalmente “disumano è l’amore” -: cercate ancora. Non accontentatevi delle cose ovvie e banali – il quieto vivere quotidiano; basta la salute! -, no!, cercate le cose essenziali (“Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”). Cercate ancora: è il loro struggente, umanissimo lascito.

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