Lega e FdI: quanto fa male il braccio di ferro

L’Aula del Consiglio regionale. (c) Foto Gianni Zotta

Due sedie vuote alla prima seduta di Giunta in segno di protesta. Questa fotografia mai vista nella storia dell’Autonomia – due assessori designati senza il loro consenso – è l’esito di una sterile prova di forza tra Lega e Fratelli d’Italia, che fa male al Trentino (e fino a quando?), ma anche alle due forze politiche.

All’indomani della netta vittoria elettorale del 22 ottobre, pur alzando i calici del brindisi in sedi separate, Maurizio Fugatti e Francesca Gerosa erano sembrati uniti nell’affermare il pieno successo della coalizione e la conseguente responsabilità di dover prendere in mano fin da subito il futuro del Trentino. In armonia d’intenti.

Ora, invece, ci si ritrova alla prova di forza, separati in casa, anzi non appena saliti ai piani alti della Provincia. Con gli esponenti locali di Meloni a porre un ultimatum ai discepoli di Salvini (“o ci assegnate la vicepresidenza entro venerdì, oppure passeremo all’appoggio esterno in Consiglio”) per rispondere a quello che considerano il tradimento del patto politico sancito quest’estate, quando – in cambio della vicepresidenza e di qualche assessorato di peso, in caso di vittoria – Fratelli d’Italia aveva scelto di ritirare la candidatura a presidente della stessa Gerosa e di appoggiare Fugatti come unico nome rappresentativo di tutto il centrodestra.

Non ci basta rilevare amaramente che questa vicenda rientra nella partita dei due partiti a Roma, come hanno scritto i quotidiani nazionali parlando di “caso trentino”, merce da barattare nelle alleanze per le prossime elezioni regionali in Sardegna, Abruzzo e Basilicata.

Dobbiamo constatare che la XVII legislatura parte con un freno a mano bruscamente tirato. Bloccato per contrasti fra partiti (forse anche interni ai partiti), proprio mentre le categorie economiche si aspettavano le accelerazioni promesse e la maggioranza dei cittadini aveva affidato a Fugatti la guida da esercitare nell’interesse comune. Ma sono gli stessi elettori leghisti e meloniani – compresi quelli della lista del fido assessore Spinelli, che Fugatti ha voluto al suo fianco al posto di Gerosa – a non comprendere questa contrapposizione interna: fa male a loro, oltre che all’immagine esterna di un Trentino ricco sì, non meritevole della sua autonomia, ed ora anche politicamente litigioso e sconquassato.

Secondo quel navigato osservatore della politica italiana che è il nostro Paolo Pombeni in questa prima fase Fugatti sembra allinearsi a quella logica di tanta classe politica, secondo la quale “chi se ne frega della coalizione, il problema fondamentale è sistemare i miei amici”, al punto anche – come spiega ancora nell’intervista ad Augusto Goio a pag. 7 – arriva anche a usare in modo improprio, “contro lo spirito della legge” la possibilità di ricorrere ad un assessore tecnico, non eletto dai cittadini, optando invece per l’ex assessora Giulia Zanotelli, con l’escamotage di dimissioni anticipate in vista di un incarico futuro.

Il Trentino non ha tempo da perdere in questo braccio di ferro, che non è una sfida da festa campestre. Rischia di aizzare le contrapposizioni e, alla fine, di far saltare il tavolo. Non è precisamente la scelta alla quale Maurizio Fugatti è stato chiamato dagli elettori.

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