L’istruttore di alpinismo Mauro Loss

Esperto di arrampicata e scialpinismo, l’istruttore fornisce ai suoi allievi consigli tecnici e teorici, ma la soddisfazione più grande è aumentare negli allievi la passione per la montagna, racconta Mauro Loss, intervistato dai ragazzi della classe 5° elementare dell’Istituto Maria Bambina di Trento.

Signor Mauro, che lavoro fa?

Io mi occupo di informatica, poi per passione sono istruttore di alpinismo e scialpinismo. Ho cominciato fin da piccolo ad andare in montagna, perché anche il mio papà era istruttore di alpinismo. Dal 1995 sono istruttore regionale nella Scuola di Alpinismo e Scialpinismo G. Graffer, poi sono diventato istruttore nazionale e infine direttore della Scuola. A settembre scadrà il mio quarto mandato.

Quanti sono i suoi colleghi nella Scuola?

Più di cinquanta, tra istruttori già titolati e persone che presto lo diventeranno.

Come funzionano i vostri corsi?

Uniscono la teoria con la pratica. Alle lezioni teoriche segue una serie di sette o otto uscite pratiche in cui noi istruttori possiamo mostrare quello che abbiamo spiegato e gli allievi possono mettersi alla prova.

Durante queste uscite gli allievi sono sotto la vostra responsabilità?

Sono responsabili tutti gli istruttori che accompagnano gli allievi durante la lezione pratica. Come direttore della scuola, poi, ho anche una responsabilità più generale.

Che contatto ha con la montagna?

Sicuramente vorrei averne di più di quello che ho. La montagna è davvero importante nella mia vita: mi ha dato tanto, mi ha anche tolto tanto, ma non potrei mai rinunciarvi. Cerco di tornarci tutte le volte che posso, ma oltre all’arrampicata e allo sci c’è il lavoro, la famiglia…

Quali sono gli attrezzi dell’alpinista?

Sono tantissimi e molto vari. I principali sono senz’altro la corda, le scarpette da alpinismo, l’imbrago, il casco, e poi chiodi, martello, rinvii, moschettoni. E naturalmente le proprie mani e il proprio corpo.

Quali difficoltà si incontrano in montagna?

Possono essere tecniche, ma quelle si superano con i corsi; spesso sono fisiche o psicologiche: quando si è stanchi ci si scoraggia, si ha paura di non farcela. Un’altra difficoltà riguarda il gruppo: se andiamo in montagna con dei compagni dobbiamo essere ben consapevoli che siamo “gruppo”, il mio passo deve essere quello degli altri. La montagna è bella proprio perché è capace di creare legami forti, ad esempio con gli amici con cui ci si lega in cordata. Questi legami sono spesso la forza che aiuta a superare i momenti di difficoltà.

Ha mai incontrato delle difficoltà?

Sono caduto due volte e me le ricordo benissimo. Sono state delle lezioni, ho capito l’errore che ho commesso e spero di non ripeterlo più. Comunque, che siano grandi o piccole, ogni volta che si va in montagna si incontrano difficoltà: l’importante è riuscire ad affrontarle nella maniera corretta. Bisogna essere onesti e umili nei confronti della montagna, senza mai sopravvalutarsi, solo così si può trarre soddisfazione anche dalle difficoltà.

Ha mai trovato brutto tempo mentre scalava?

Certo, fa parte del gioco. In montagna il tempo cambia molto velocemente e ti sorprende. Anche se le previsioni sono ormai quasi del tutto affidabili, resta sempre qualche spazio di errore. In qualche modo però bisogna tornare a casa.

Cosa ottengono le persone che finiscono il corso di alpinismo?

Prima di tutto più passione per la montagna. Noi istruttori diamo consigli tecnici e teorici ma quello che ci piace è vedere negli allievi la passione che cresce. Naturalmente ottengono anche un attestato di partecipazione, e la spilla con la “G” rossa che per noi della Graffer è un segno importante. Ma più che le nozioni conta il sentimento.

Come si diventa istruttori di roccia?

Chi ha un bagaglio personale alpinistico a 360° gradi può chiedere di entrare nell’organico di una scuola. Qui in Trentino sono sette. Dopo un paio d’anni di praticantato in cui si affianca come aiuto un istruttore titolato, si può partecipare ai corsi per diventare istruttore regionale. Il percorso si conclude con il livello nazionale, e con altri eventuali incarichi di responsabilità. Non serve, quindi, essere guide alpine: loro sono professionisti della montagna, noi potremmo definirci “volontari professionali”. Una guida alpina può far parte dell’organico di una scuola del CAI senza dover diventare istruttore.

Qual è l’altezza maggiore che ha raggiunto?

Intorno ai 6000 metri di quota, ma ognuno ha il suo Everest. Per me può essere una grande impresa arrivare in cima al Calisio, e se lo racconto con passione e con enfasi non devo sentirmi sminuito da nessuno. Ci sarà sempre qualcuno che raggiunge vette più alte, ma ogni montagna merita di essere scalata ed è in grado di dare soddisfazioni.

Quale consiglio dà più spesso ai suoi corsisti?

Di riuscire ad affrontare la montagna con umiltà e senza sentirsi dei conquistatori: è la montagna stessa che si lascia conquistare e dobbiamo affrontarla con rispetto.

Intervista della classe 5° elementare dell’Istituto Maria Bambina di Trento


La scheda:

Nome: Mauro

Cognome: Loss

Attività: Istruttore di alpinismo

Segni particolari: In montagna per passione, lavora nel campo dell’informatica. Dal 1995 è istruttore nella Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Giorgio Graffer” di Trento, di cui è attualmente anche direttore.

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