Ezio Odorizzi, il lavoratore di porfido

Un mestiere di lunga tradizione che ha segnato l’economia del nostro Trentino; così fiorente in passato, oggi attraversa un momento di crisi.

In che cosa consisteva il suo lavoro?

All’inizio lavoravo come cavatore, poi ho cambiato e sono andato a fare il posatore, sempre per la stessa azienda. Dalla cava ai piazzali e alle strade di tutto il mondo: ho lavorato, oltre che in Italia, anche in Francia, Germania, Svizzera.

Qual è la differenza tra cavatore e posatore?

La differenza è enorme. Il cavatore deve cavare il porfido dalla montagna, cubettarlo e sagomarlo, cioè portare al commercio il materiale finito; il posatore invece lo mette in opera.

Cosa le piaceva di più?

Era più interessante il mestiere di posatore, perché si vedevano e si imparavano cose nuove, e si aveva la possibilità di girare il mondo: in quegli anni i giovani non avevano grandi possibilità di spostamento come oggi.

Dedicava molto tempo al suo lavoro?

La maggior parte dell’anno si lavorava normalmente 12 ore al giorno. Si cominciava anche alle sei di mattina.

Il suo guadagno era conveniente?

Se avevi voglia di lavorare diventava conveniente perché si lavorava a cottimo: guadagnavamo abbastanza bene lavorando tutte quelle ore. In quegli anni era importate portare a casa qualche lira in più…

Cosa vuol dire lavoro a cottimo?

A fine giornata veniva pesato a ognuno tutto il materiale fatto e veniva pagata una certa somma al quintale: così eri motivato a lavorare tanto. Se invece si viene pagati alla giornata si può fare molto meno lavoro: con il lavoro a cottimo fatichi di più ma hai anche la possibilità di guadagnare di più.

A che età ha cominciato a fare questo lavoro?

A 16 anni: quando ho finito la scuola dell’obbligo ho preso subito la strada della cava.

Quando era bambino che cosa pensava di fare da grande?

Da bambini si pensa solo a giocare, poi crescendo si capisce che bisogna “guadagnarsi la polenta”. Allora il modo più facile era andare in cava. Così facevano tutti.

Quali doti bisognava avare per fare questo lavoro?

Poche, anzi: bastava la voglia di lavorare.

È soddisfatto del lavoro che ha fatto?

Nonostante tutto devo dire che mi ha dato anche molte soddisfazioni. Non è stato solo un lavoro di fatica: il posatore quando si trova a dover realizzare una piazza, o un ponte, fa anche un’opera di arredo, un’opera di buon artigianato.

È l’unico della sua famiglia a fare questo lavoro?

I miei due figli lavorano in cava, anche se non nel settore manovale. Non abbiamo un’azienda familiare, ma abbiamo formato una società con altri soci, la “E.l.pa.”. Mio fratello è ancora socio.

Quali attrezzi servivano per svolgere il suo lavoro?

Quando ho cominciato servivano solo un piccone, una mazza, una carriola e una forca per caricare. Adesso ci sono le ruspe, le seghe, le cubettatrici, le trance…

La meccanica ha tolto un po’ di fatica al lavoro?

Ha tolto tanta fatica! Per caricare un autotreno bisognava essere in sette o otto e ci si metteva un’ora e mezza. Adesso si fa tutto in dieci minuti, con una ruspa.

Come vanno le cose nel settore del porfido in questo momento di crisi?

Il mercato è in difficoltà: una volta era il cliente a venire da noi, adesso è il contrario, è quello del porfido che va dal cliente, e bisogna “contarla” un po’ lunga se si vuole riuscire a raccimolare qualcosa. La maggior parte degli operai è in cassa integrazione. Poi è aumentata la concorrenza: c’è il granito della Cina, dell’India…

Ci sono malattie che caratterizzano il suo lavoro?

Una volta c’era la silicosi che era abbastanza diffusa e pericolosa. Adesso grazie ai nuovi impianti di aria e acqua non ci sono più nuovi malati di silicosi. I controlli sono aumentati e c’è una sensibilità maggiore. Poi per i posatori, seduti sul loro sgabello, c’è sempre il mal di schiena.

Lei si è mai infortunato?

Mi sono semplicemente rotto un piede, una volta: ho avuto fortuna. Ma ricordo alcune vittime sul lavoro: Eugenio Adami, che è morto nel tunnel. Altri due sono stati uccisi dalle ruspe. Il lavoro è anche dolore e fatica.

Dopo essere state scavate le montagne vengono ripristinate?

Certo, c’è un impegno preso per iscritto sul contratto: quando la cava viene fermata, per qualsiasi motivo, deve venire ripristinata. La tutela verso l’ambiente è cresciuta negli anni.

In che anni è cominciata l’estrazione del porfido?

Ad Albiano è stato celebrato il centenario l’anno scorso, è stato aperto anche un museo. Però il porfido veniva estratto già nell’Ottocento. Nel secondo dopoguerra sono cominciate le estrazioni di tipo più industriale: nel 1948 sono nate le prime ditte, sono stati introdotti i macchinari, e il mercato si è allargato.

Cosa si può vedere al museo del del porfido di Albiano?

Lì è custodita la storia del porfido, si possono vedere delle testimonianze video e molte simulazioni della lavorazione estrattiva di un tempo. Molte immagini documentano documentano anche l’arte del posatore di porfido, mostrando le opere più significative dell’arredo urbano realizzate con questa pietra.

intervista a cura della classe 5aB della scuola elementare Clarina di Trento

La scheda:

Nomi: Ezio

Cognome: Odorizzi

Segni Particolari: originario di Albiano, capoluogo del porfido trentino 77 anni, è un testimone dell’industria del porfido del distretto minerario della val di Cembra

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