In cerca di un’identità sempre più solida

È una Valle dei Laghi in cerca di una solida identità quella che ha visto abolire il proprio decanato per via del nuovo assetto pastorale diocesano cui la diocesi trentina è alle prese. Da Terlago a Cavedine, lembo di terra tradizionalmente agricolo e popolato da oltre 10 mila abitanti sotto il governo di tre municipalità certificate “Family in Trentino” e accompagnati da tre pastori (l’ex decano Luigi Benedetti, don Paolo Devigili e don Tullio Paris) le potenzialità di sviluppo tanto economico quanto culturale non mancano e qualche progresso – stante la crisi che attanaglia, chi più chi meno, il migliaio di imprese registrate e attive in zona, un terzo delle quali nel cavedinese e quasi la metà nel settore agricolo e silvicolo – si constata su più fronti.

Area di passaggio tra Trento e Alto Garda, la Valle dei Laghi conserva un modello di specializzazione integrato con i territori limitrofi dove i flussi qualificati (turistici, ricreativi, culturali, commerciali, imprenditoriali) si generano non solo grazie alle potenzialità di natura ricreativa o turistica, prevalentemente di nicchia, con circa 1.110 posti letto disponibili e 16 mila arrivi all’anno. Esse riguardano l’attrazione di competenze professionali, giovani lavoratori della conoscenza anzitutto, che necessitano di localizzazione: connessa alla città e alle reti di comunicazione, caratterizzata da qualità sociale non meno che ecclesiale in un contesto istituzionale favorevole ai processi innovativi. Anche la recente attribuzione di più parrocchie del vezzanese a un solo parroco, il graduale protagonismo del laicato e gli scambi esperienziali tra consulte giovanili muovono in tale direzione.

Permane l’alta frammentarietà territoriale da cui la necessità di costruire un’immagine unitaria essendo che “l’identità territoriale è anzitutto visiva”, come emerge nero su bianco dal Piano territoriale di Comunità. Da tempo sono adottate “politiche temporali” atte a migliorare la qualità della vita, la vivibilità dei paesi, la fruibilità dei servizi in un’ottica di sviluppo sostenibile. Il Piano sociale di Comunità rileva la necessità di pensarsi dentro un sistema d’interconnessione territoriale che sappia coniugare in modo sistemico le eccellenze, le vocazioni e le specificità di un contesto locale che si presta bene a essere un “laboratorio d’innovazione nel campo dei servizi sociali e delle politiche per la famiglia”.

Quali a caldo le impressioni dei tre sacerdoti dinanzi a questa piccola riforma pastorale? Per il trentaduenne don Paolo Devigili ci sarà modo di riscoprirsi più uniti. “Ogni unione – dice il più giovane parroco della diocesi trentina – anche se inizialmente difficile aiuta a riscoprire la bellezza dello stare insieme. Dovremo camminare insieme e anche se ci uniremo ad una zona pastorale più ampia non cambierà la nostra vicinanza alle comunità. Occorre ripensare però allo stile di parrocchia oltre il campanile perché la realtà è cambiata e sta cambiando, quindi sta a noi gestire la situazione”.

Peraltro nulla è dettato dall’alto, si tratterebbe di un percorso da affrontare con spirito di confronto e collaborazione reciproca come anche don Luigi Benedetti – quattro anni da decano alle spalle – lascia intendere. “La soppressione dei decanati si doveva fare, piccoli com’erano e con la mancanza di nuovi preti. Sono soddisfatto e fiducioso di questa scelta del nostro arcivescovo perché penso ci possa essere un rinnovamento interno: più confronto, idee, partecipazione, iniziativa verso un orizzonte ampio e sereno. È un’opportunità in più per ogni laico di assumersi maggiori responsabilità se vuole salvare la propria comunità”.

Fuori dal coro don Tullio Paris che non vede con gran favore questo cambiamento che “sarebbe stato meglio preparare diversamente confrontandoci di più su cosa fare e come intervenire”. Saremo davvero più vicini al territorio per annunciare il Vangelo con più incisività? “Lo spero – risponde l’ottantenne parroco di Terlago e frazioni – ma non ne sono sicuro. La distanza geografica non aiuta e se dovremo andare più lontani per partecipare alle assemblee pastorali ancora peggio. Da noi poi rimane il dilemma se sia meglio restare con Vezzano o passare sotto Trento”.

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