Il giudice è la misericordia di Dio

GRAZIE, DIO – Il Cile è un Paese molto amato: tanti anni fa i nostri nonni attraversarono l’oceano per andare a lavorare la sua terra con fatica e nostalgia. È lungo e stretto, sembra la spina dorsale dell’America Latina e nella parte settentrionale ospita un deserto aridissimo, il più arido del mondo! Ma proprio lì, fra le rocce e le sabbie, succede una cosa incredibile: bastano poche gocce d’acqua per trasformare le distese aride in un tappeto fiorito di mille colori. Quanto è bella la frase di oggi? Tutto è possibile a Dio, che fa sbocciare i fiori fra le rocce e disseta i nostri deserti. Consiglio creativo: colora le rocce a tinte scure e poi incolla sul fiorellino dei pezzetti di carta dai colori accesi per far risaltare la sua meravigliosa vitalità anche nelle difficoltà. Se vuoi, puoi aggiungere altri fiori variopinti, trasformando il deserto in giardino. l.m.

DOMENICA 10 OTTOBRE 2021 – XXVIII TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Sap. 7,7-11 – Eb 4,12-13 – Mc 10,17-30

Viviamo un tempo in cui ritornano i poveri, non soltanto nelle grosse città, ma anche nelle valli. É gente normale, quasi sempre riservata, che tiene nascosta la sua condizione, quasi come fosse una colpa. Sono donne e uomini che non protestano, non maledicono nessuno; sono solo preoccupati di giungere alla fine del mese, di non dover deludere un figlio che studia, facendogli pesare quella sua scelta. Ma può accadere anche che se lo fai notare a qualcuno, stupito, ti chieda: ma dove sono? Non sono presi nemmeno troppo sul serio dalle fin troppo frequenti campagne elettorali, che incespicano, come ci è dato vedere anche in questi giorni, su scandali e frivolezze. E non s’accorgono di quelle famiglie che magari hanno un malato da accudire e un solo stipendio con cui far quadrare i conti. Viviamo in un contesto in cui riappare, se mai prima fosse scomparsa, la povertà materiale, culturale e spirituale. Alla mancanza di risorse per una vita dignitosa, si contrappone una grettezza d’animo, che porta con sé una marcata insensibilità per i problemi reali. La «buona novella», sottolinea il brano evangelico di questa domenica, è indirizzata ai poveri; chi è nella vita, in qualche modo privilegiato, fatica spesso a comprenderlo. Quel «tale» che corre incontro a Gesù, è ricco e non è affatto cattivo. Vuol capire, rendersi conto. Ha probabilmente alle spalle un lungo itinerario di vita e un’esperienza esistenziale molto matura. «Non è uno sprovveduto e non vuole nulla di regalato… è intraprendente e generoso» (Pino Stancari). Si direbbe che è uno che vuol vivere in pienezza, vuol conquistare e possedere la vita. Si è fatto da solo e non ha intenzione di rinunciare a quanto costruito e guadagnato. Ha seguito dalla fanciullezza tutti i comandamenti (Mc 10,19-20) e vuole darsi da fare e impegnarsi. Si potrebbe dire che è un osservante nel senso più autentico del termine. É uno pronto a tutto, purché non si metta in discussione quello che ha. Forse è rimasto scandalizzato dal fatto che Gesù, accogliendo i bambini, li addita come i protagonisti, i primi invitati a entrare nel Regno. I bambini… che per la mentalità del tempo erano insignificanti, senza valore. Come può Gesù dire una simile enormità? Quel ricco che va incontro a Gesù fatica a capire, ma non si arrende subito, vuol trovare una soluzione. E «Gesù, fissatolo, lo amò» (Mc 10,21a).

Gesù vede la sua esperienza, i suoi limiti e gli apre una strada nuova, inattesa, quella di arrendersi all’amore pieno, quella di seguirlo. A questo punto quell’uomo «inorridì» (penso sia questo il senso di quell’andarsene rattristato). Si perché l’istinto di possedere è forte in tutti e anche nelle forme ritenute “legittime” può rappresentare il segno dell’egoismo e della durezza di cuore. Tutti ci siamo dentro perché per tutti è facile ignorare la solidarietà. Gesù non pretende l’assoluto: mentre afferma che gli ultimi, in virtù del loro essere poveri, saranno primi, non tutti i ricchi sono esclusi, giudice è la misericordia di Dio, che ha grandi braccia, ma non la si lucra con la devozione, senza le opere di riconciliazione con il mondo.

Ne è esempio Zaccheo «capo dei pubblicani e ricco» (Lc 19,6), che incontra Gesù e decide di dare la metà dei suoi beni ai poveri… Dice Gianfranco Ravasi che nelle parole di Gesù, «l’accento cade sulla donazione e sull’amore; non su un atto di mera ascesi, ma di impegno concreto per gli altri». Come scrisse San Giovanni Crisostomo: «Vuoi adorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando lo trovi nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità».

La via del cristiano è la via della concretezza di chi cammina verso Dio con lo sguardo fisso su tanta umanità sofferente con la quale Cristo si confonde.

E secondo voi?
Cosa vuol dire nella mia vita, che mi richiede impegno e assorbe le mie energie, seguire Gesù?
Trova spazio nelle nostre comunità cristiane il Cristo incarnato nei poveri, negli umiliati, negli stranieri?
Il benessere è un ostacolo per la fede delle nostre comunità, o un’opportunità per una fede più autentica?

 

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