Giovanni Peterlongo, quando cooperare diventa uno stile di vita

Lo spunto:
Con “Oltre le montagne” abbiamo ora l’occasione per ragionare e farci ispirare da Giovanni Peterlongo, con il suo mezzo secolo di sogni, di progetti e impegno, nati fra Milano e il Trentino e tanti pezzi di mondo dove ha servito la cooperativa “Il Canale”, poi confluita in “Mandacarù” (altra realtà che lui stesso ha contribuito a formare). Una storia straordinariamente ordinaria la sua, che amava definirsi “cooperatore anomalo”. Personalmente non ho avuto la fortuna di conoscerlo da vicino, ma leggendo di lui nel libro di Marco Reggio mi sembra quasi di vederlo, Nanni Peterlongo. Mi sembra di immaginarlo con la testa rivolta verso l’alto delle sue montagne, come spesso amava fare un altro grande trentino, Alcide De Gasperi, e la testa da ingegnere milanese, sempre in movimento per studiare la via più breve per raggiungere il traguardo più lontano. Un santo della porta accanto, di quelli capaci di strapparci dal nostro penoso provincialismo che fa male alla provincia, ci riempie di paure e presuntuosa ignoranza. Una dimostrazione che senza il mondo non capiamo chi siamo veramente. La storia di Peterlongo è un manuale vissuto di cooperazione.
card. Matteo Maria Zuppi
(dalla prefazione del libro di Marco Reggio,TS Edizioni)

 

Mancato a 87 anni nel 2023 noi lo vediamo ancora Giovanni Peterlongo, lo abbiamo ben presente quando percorreva le strade della sua Trento (il nonno era stato primo sindaco della città dopo l’unificazione all’Italia) per imboccare il portone della Fondazione Caritro in via Calepina, componente del Comitato di Indirizzo in rappresentanza della Cooperazione Trentina.

Ne ricordiamo gli interventi precisi e pacati, volti a ricercare soluzioni di solidarietà e sostenibilità, mai di schieramento, e ancor più forse i silenzi eloquenti, quando intravvedeva il pericolo di scelte di parte, “chiuse” rispetto alla priorità di intessere nuove relazioni in una sorta – sono ancora parole del cardinale Zuppi nella sua prefazione al volume di Reggio – di “sussidiarietà allargata” in cui le buone pratiche sperimentate in casa possono essere d’ispirazione per situazioni – apparentemente – diverse e lontane, “salvo poi ritornare indietro migliorate, capaci di rispondere a domande sempre nuove, quelle tipiche di una società in perenne trasformazione come quella con cui ci concentriamo”.

In questo senso cooperare per Peterlongo diventava un autentico stile di vita. E da questo suo atteggiamento derivava la sua grande capacità di coinvolgere, motivare, valorizzare le persone più diverse nei progetti che proponeva.

È uno stile di vita che Marco Reggio, giornalista di vaste esperienze, dalla Terza Rete Rai a Radio Vaticana, dalla stampa sindacale a quella del credito cooperativo, ha ripercorso e raccontato in un libro dal titolo significativo “Oltre le montagne”, che non vuole essere solo la biografia di Giovanni Peterlongo ma intende proporsi anche come una sorta di manuale del “ben cooperare” seguendo l’esperienza di un “cooperatore anomalo” come Peterlongo si definiva ed è stato definito, animato da “ un’utopia concreta”.

Sul libro ha già scritto con profondità, sull’ultimo numero di Vita Trentina il direttore Diego Andreatta, ma merita forse riprenderne alcuni temi, perché mai come oggi il Trentino sembra aver bisogno di uomini come era Peterlongo, “anomalo”, fuori dagli schemi e proprio per questo capace di intuire il futuro.

Con profonde radici umanistiche e internazionali (il nonno era anche un grande cultore dell’esperanto, la lingua che si propone di unire i popoli) Giovanni Peterlongo proveniva però da una cultura urbana, non valligiana come la maggior parte dei cooperatori. Quanto a formazione e professione era ingegnere nucleare: proprio per questa sua dimensione sapeva che è più importante far crescere sulle Ande un campetto di patate per una famiglia che dotarla dell’energia di una centrale nucleare, che un microcredito a volte vale più di un grosso investimento finanziario; per questo sapeva che mantenere intatta, forte (e al tempo stesso concreta) un’utopia di solidarietà fra uomini e donne oltre le montagne di casa, fino alle montagne delle Ande e del Tibet dove la sua cooperativa soprattutto operava, non era solo “esportare” buone pratiche, ma diventava uno stimolo in più all’operare per costruire comunità.

In questo anche le delusioni diventavano per Peterlongo una conferma della sua anomalia. Il “ben” cooperare, infatti, trova molti ostacoli ed ha molti nemici, primo fra tutti il provincialismo che lo vorrebbe tener chiuso in casa. Ma non è così. La cooperazione dà il meglio di sé quando supera le montagne, intese non come confine, ma come cerniera, soglia, passaggio da un territorio all’altro, da una cultura all’altra. Perché poi da “oltre le montagne” il cooperare rimbalza sul suo territorio originario, rimotivandolo con energie e prospettive nuove. Così è stato nel commercio equo per la cooperativa Mandacarù che i cittadini di Trento sentono ormai come patrimonio proprio.

Le ultime pagine del volume (ben 48) di Reggio sono dedicate a tutti i progetti della cooperativa “Il Canale” dal 1982 al 2018 e percorrerli risulta un’avventura in se stessa per capire la vita e l’anima di quell’“innovatore visionario” (così lo definisce Walter Liber nella postfazione al volume) che era Giovanni Peterlongo.

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