Quel conflitto alimentato dalle bombe “italiane” di cui non si parla

Se di Siria in qualche modo si parla, c'è un'altra guerra che invece è completamente ignorata dai mezzi di informazione italiani (con la sola eccezione del quotidiano Avvenire, edito dalla Conferenza Episcopale Italiana). Parliamo del conflitto che vede una coalizione di Paesi guidata dall’Arabia Saudita sostenere il governo yemenita contro i ribelli Houti. È una guerra che ha già provocato migliaia di morti tra i civili – oltre 4 mila secondo le Nazioni Unite -, 2,2 milioni di sfollati interni, oltre 180 mila profughi. E alla quale l’Italia partecipa, indirettamente, consentendo la partenza di carichi di bombe aeree dalle coste della Sardegna all’Arabia Saudita. L’ultimo, con oltre 3.000 bombe, è partito in gran segreto giorni fa dal porto canale di Cagliari. “Riteniamo si tratti anche questa volta di bombe aeree del tipo MK80 prodotte a Domusnovas in Sardegna dalla RWM Italia, azienda del gruppo tedesco Rheinmetall”, spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia. A denunciare con insistenza la partenza dall’Italia di questi carichi di bombe è Rete Disarmo, che torna a chiedere, dopo numerosi precedenti appelli al governo Renzi, anche al governo Gentiloni di interrompere “subito” le forniture dei sistemi militari che vengono impiegati dalle forze armate saudite e dai suoi alleati nel conflitto in Yemen. Forniture che appaiono difficilmente compatibili con lo spirito della legge 185 del 1990 sull'export di armamenti. “Al nuovo governo – afferma Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo – chiediamo di dare un chiaro segnale di discontinuità e di rivedere le autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari verso Ryad. La legge 185/1990 viete le esportazioni di armamenti non solo come ovvio e già automatico verso le nazioni sotto embargo internazionale, ma anche ai Paesi in stato di conflitto armato e la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica lasciata intoccata dal recente Referendum”.

La richiesta della Rete Disarmo arriva all’indomani della decisione dell’amministrazione Obama di sospendere l’invio a Ryad di bombe aeree e di munizionamento di precisione del valore di centinaia di migliaia di dollari: sistemi militari che sono la principale causa di vittime nei bombardamenti, spesso indiscriminati, dell’aeronautica militare saudita. Proprio la preoccupazione per le migliaia di morti tra i civili è alla base del cambio di direzione della Casa Bianca che negli ultimi anni ha approvato forniture militari del valore di miliardi di dollari.

“Dall'Italia invece – osserva Beretta – continuano a partire carichi di bombe aeree per rifornire la Royal Saudi Air Force”. L’allora Ministro degli Esteri Gentiloni lo ha ammesso per la prima volta lo scorso ottobre in risposta a un'interrogazione parlamentare: alla RWM Italia sono state rilasciate – dall’Unità per le Autorizzazioni di Materiali d’Armamento (UAMA), Autorità nazionale incardinata presso il Ministero degli Esteri e della Cooperazione e che fa riferimento direttamente al Ministro- licenze di esportazione per l’Arabia Saudita.

Da tempo la Rete Italiana per il Disarmo esprime la propria preoccupazione per il crescente supporto di diversi dicasteri alle industrie militari italiane a favore delle esportazioni di armamenti, stante il coinvolgimento dell’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen e le gravi violazioni dei diritti umani nel Paese. In questi giorni è stata diffusa la notizia che l’Arabia Saudita avrebbe ricevuto da Fincanteri proposte per l'acquisto di nuove navi militari, tra cui alcune corvette e fregate: a poche settimane dalla visita della Ministra della Difesa Roberta Pinotti a Riyad (ottobre 2016).

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