Un cuore ospitale e libero

IL VASO DELLA GENTILEZZA Il nostro cuore è un vaso nel quale Dio pianta con fiducia semi di speranza e di amore. A noi il compito di accoglierli, di nutrirci bene per farli germogliare e far portar loro molto frutto da condividere nel mondo. Consiglio creativo: prendi un vasetto di terracotta e decoralo con colori acrilici disegnando sull’esterno forme geometriche, ghirigori e ciò che ti suggerisce la tua fantasia. Questo sarà il tuo Vaso della Gentilezza. Ogni volta che compi un’azione gentile durante le tue giornate, metti nel vaso un sassolino, una biglia o un bottone. Ogni domenica mattina svuota il tuo vaso della gentilezza e guarda quanta gentilezza c’è stata nella settimana appena trascorsa. Chiedi a Dio di aiutarti ad essere sempre più gentile. Vedrai che, settimana dopo settimana, fare gesti gentili diventerà sempre più facile: anche la gentilezza ha bisogno di allenamento! (illustrazione di Lorena Martinello)

DOMENICA 29 AGOSTO 2021 – XXII DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Dt 4,1-2.6-8 – Gc 1,17-18.2 – Mc 7,1-8.14-15.21-23

“Importante, per Gesù e per la nostra vita, non sono i gesti esteriori (lavabi, gesti corporali, utilizzo di oggetti sacri…) ma quello che esce da dentro, dai nostri sentimenti e dalle nostre esperienze più profonde” (J. M. Castillo). Per questo motivo il brano del Vangelo che ci propone oggi la liturgia mette in chiara evidenza un inganno che si realizza quando una persona antepone le regole o i riti all’etica. L’onestà, la bontà, la sincerità, ecc. nascono dal cuore e non da quello che rischia di essere solo esteriorità. La vita ci insegna che c’è gente che passa gli anni osservando scrupolosamente rituali, sacramenti ed osservanze senza mai mettere in atto un vero processo di conversione.

Quando Gesù parla, va sempre oltre le ovvietà e i discorsi stantii degli scribi e dei farisei. Le sue parole sono come un vento che rigenera e apre cammini. Marco racconta in questo brano di una discussione che nasce tra i farisei, alcuni scribi e Gesù perché i suoi discepoli non si lavavano le mani prima dei pasti (cfr. Mc 7,1-4). Lavarsi le mani era considerato un comportamento igienico, non religioso. Ma col tempo era diventato una norma da osservare in modo ossessivo, tanto da esaurire tutto il bisogno religioso degli uomini. Le pratiche esteriori possono talvolta togliere la paura di Dio, far sentire a posto, dare un senso di sicurezza.

Sono in molti anche oggi a pensare che qualcosa di stabile, di fisso, da osservare a ogni costo è fondamentale nella vita. Lo è ancora di più per la religione, dove tante volte si privilegiano le regole alle persone, dove si ha paura non raramente «di ascoltare le ragioni dei credenti e dei cercatori di Dio non allineati». Il comportamento dei Giudei, impedisce loro di aprirsi alla relazione con gli altri, e il loro modo di vivere la religione non univa gli uomini ma li separava. Costruiscono in questo modo la religione dei muri e non dei ponti. Gesù affermerà che ciò che importa è il cuore dell’uomo; da lì infatti «escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, invidia, calunnia, superbia e stoltezza».

È facile ridurre la religione all’osservanza di alcuni comandamenti e leggi o di alcuni riti. Occorre invece aprirsi all’incontro con tutte le persone, senza distinguere tra credenti e non credenti. Ogni uomo e ogni donna sono il vero tempio di Dio. I profeti, come don Milani, sono interessati a creare uomini dalla mente libera e dal cuore disinteressato, perché questi corrispondono al pensiero di Gesù. Solo un cuore ospitale e libero può valutare con sapienza ciò che è vero e giusto. Anche Gino Strada, di cui mi arriva mentre scrivo queste riflessioni la notizia della morte, ha visto nel corpo martoriato degli uomini la furia della cattiveria umana, e ha cercato di porvi rimedio, ascoltando ciò che il suo cuore dettava. Anch’egli, a modo suo, con la sua professione di chirurgo, «cercava il regno di Dio e la sua giustizia».

Gesù rimprovera chi vuol assolutizzare le tradizioni: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini» (Mc. 7,8). Commetterebbe un grave errore oggi la Chiesa, se rimanesse prigioniera di tradizioni umane dei nostri antenati. Non deve preoccuparci la conservazione fedele del passato, ma il modo per rendere possibile la nascita di una Chiesa e di comunità cristiane, capaci di riprodurre con fedeltà il Vangelo e di attuare il progetto del Regno di Dio nella società contemporanea. È ben evidente, però, che voler leggere il Vangelo senza ricorrere alla tradizione, si corre il rischio di impoverire enormemente la sua lettura, disconoscendo tutta la ricchezza e tutte le possibilità che questo Vangelo ha già manifestato in tanti secoli. Occorre un’unica avvertenza: nel ricorrere alla tradizione va tenuto presente che la fede non è qualcosa che si trasmette come un oggetto che passa di mano in mano. «La fede è una vita che non può essere comunicata se non nella vita stessa».

E secondo voi?
Cosa intendo per tradizione? Sono convinto
dell’importanza dei riti, ma della necessità di non fermarsi ad essi?

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