Cima Uomo, il crollo causato da permafrost, piogge ed escursione termica

Non sono certo una novità l’erosione e i crolli di roccia, per le Dolomiti, la cui bellezza morfologia – con le caratteristiche guglie – è stata determinata da eventi come quello avvenuto nel pomeriggio del 17 agosto a Cima Uomo, sul gruppo della Marmolada.

Il Servizio geologico della Protezione civile della Provincia autonoma di Trento, sta compiendo le necessarie stime per determinare il volume del distacco, che ha creato un velo di polvere e detriti sul terreno. Un fenomeno naturale e contenuto, se confrontato con altri episodi avvenuti anche recentemente in aree poco frequentate e dunque passate inosservate.

Secondo i tecnici del Servizio geologico, questo genere di eventi può sembrare più frequente rispetto al passato, ma si tratta di crolli del tutto naturali causati da arretramento del permafrost, piogge ed escursione termica. Secondo quanto emerso dal sopralluogo effettuato nelle ore immediatamente successive all’episodio, il distacco è avvenuto un centinaio di metri più a valle rispetto alla vetta, che si trova a quota 3.006 metri. Alla luce dell’assenza di sentieri nei pressi della frana, sono esclusi pericoli imminenti per gli escursionisti.

Ai piedi di Cima Uomo, nel settore più elevato della Val San Nicolò, è peraltro situata una della più importanti aree di monitoraggio del permafrost del Trentino orientale. Si tratta di un ammasso detritico (rock glacier) che contiene ghiaccio e che è evoluto nel tempo in condizioni di permafrost: si tratta degli oggetti geologici più “resilienti” dei ghiacciai rispetto ai cambiamenti climatici. Quello di Cima Uomo e l’area circostante sono oggetto di studio da più di 10 anni e rappresentano il sito di monitoraggio più intensamente studiato nelle Dolomiti.

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